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L’Unione Europea e le politiche contro il cambiamento climatico

Il cambiamento climatico è una sfida urgente, alla quale dobbiamo assolutamente arrivare preparati. La discussione sulle sue cause è ormai conclusa – il riscaldamento globale è colpa dell’uomo, non ci sono dubbi – ma il dibattito con chi cercava di minimizzare il fenomeno ci ha fatto perdere anni preziosi. Quello che sappiamo adesso è che, se l’umanità non dovesse riuscire a invertire in fretta la tendenza, la sopravvivenza stessa della nostra specie sul pianeta potrebbe essere in pericolo. Per questo motivo, istituzioni come l’ONU hanno creato programmi volti a fare pressione sui paesi membri per l’implementazione di politiche volte a combattere il riscaldamento globale. Ogni comunità di stati, ovviamente, individua i propri obiettivi, ma quest’anno le Nazioni Unite hanno fatto pressioni sull’Unione Europea per rivedere tali obiettivi e improntarli a una maggiore severità.

L’importanza degli accordi internazionali sul clima

Il cambiamento climatico si combatte soprattutto con gli accordi internazionali, poiché si tratta di un fenomeno globale, che deve essere affrontato in modo congiunto a livello planetario e non nazionale. Per questo contano gli obiettivi generali e per questo è fondamentale, per esempio, che paesi come la Corea del Sud, la Cina e il Giappone si siano uniti all’Europa nell’impegno per la riduzione delle emissioni di CO2. Uno degli eventi più importanti del nostro tempo, dal punto di vista della lotta al riscaldamento globale, è senza dubbio l’intenzione, espressa dal presidente eletto degli USA Joe Biden, di far rientrare gli Stati Uniti all’interno degli accordi di Parigi sul clima, dai quali erano usciti per decisione del presidente Donald Trump. Diventa espositore per il settore energia

Impatto zero: l’obiettivo dell’Europa

L’Unione Europea si è impegnata a raggiungere un obiettivo davvero molto ambizioso, in un tempo relativamente ridotto. Tutti i 27 Stati membri dell’Unione hanno infatti convenuto che l’impatto zero è il traguardo da raggiungere. Non è ancora chiaro quando sia ragionevole pensare di arrivare a tanto (si parla del 2050), ma il primo step potrebbe essere la riduzione delle emissioni in ragione di una percentuale compresa fra il 40% e il 55% entro la prossima decade, ovvero entro il 2030. Anche se questa data, al momento, può apparirci lontana, si tratta di un tempo davvero ridotto per un obiettivo così ambizioso e che richiede il coordinamento di politiche nazionali e internazionali, intere industrie, singoli stabilimenti produttivi e impianti energetici, regolamenti locali, regionali e comunitari e moltissimi altri elementi, che rispondono a organismi di diverso ordine e grado.

L’importanza del supporto economico

In che modo un organismo come la UE può investire le proprie risorse per supportare la riduzione delle emissioni? Prima di tutto cercando di minimizzare l’impatto economico di politiche che possono colpire negativamente interi settori produttivi e le finanze di diverse nazioni. La riconversione alle energie rinnovabili e l’abbandono di processi industriali ad alto impatto ambientale, infatti, può avere costi anche molto alti. Se tali politiche vengono sancite e rese obbligatorie, le aziende di alcuni paesi potrebbero non essere in grado di ottemperare, con conseguenze economiche negative a livello nazionale e internazionale. Qui si inseriscono i programmi di incentivi e aiuti promulgati a livello europeo e nazionale – i più celebri in Italia, in tempi recenti, sono quelli sull’installazione dei pannelli solari e il famoso superbonus del 110% per l’efficientamento energetico.

Published on 11-12-2020

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