Turismo esperienziale e
ConsumAttore sono due concetti relativamente recenti che negli ultimi anni hanno trovato spazio nel mondo dei viaggi: operatori capaci e organizzati devono essere sempre più abili e competenti, proponendo ai viaggiatori offerte organiche e ben costruite per
consentire a quello che prima era “solo” un turista a sentirsi invece parte del contesto territoriale in cui soggiorna.
Non è un compito facile, specie per la realtà italiana che tende a perdere terreno in questo settore rispetto agli altri competitor internazionali; in questo intervento, il Presidente di Artès, Maurizio Testa, offre una chiave di lettura della situazione e soprattutto indicazioni concrete per riuscire ad attuare
sinergie di successo.
Ti sei occupato approfonditamente di turismo esperienziale: che ruolo avrà questo particolare tipo di turismo nella ripresa post-Covid?
Ho iniziato a studiare il fenomeno del “turismo esperienziale" già dal 2010 e nel 2015 abbiamo dato vita al
Progetto Artès, quando la parola “
experience” in Italia ancora non esisteva e forse per questo siamo diventati presto uno dei punti di riferimento italiani su questo specifico settore, che affrontiamo con una metodologia strutturata e con i nostri percorsi formativi. Negli ultimi anni la parola
“experience” è dilagata ed è ormai diventata sinonimo di turismo o di ogni attività turistica (una volta appannaggio del comparto “
Tours and Activities”), per cui anche il turismo tradizionale è diventato improvvisamente una
“Travel Experience” senza magari accennare ai reali contenuti del viaggio.
Volendo andare alle radici del fenomeno, dobbiamo capire che il turismo esperienziale è figlio del profondo cambiamento socioeconomico del mondo moderno, che ha portato alla
figura del ConsumAttore (in inglese
Prosumer, ovvero il “
proactive consumer”) e quindi, anche nel turismo moderno,
è cambiata la modalità di pensare al periodo di vacanza o del tanto atteso viaggio. Quando il ConsumAttore cerca le “esperienze”, significa che cerca una nuova modalità di accoglienza e di servizio, capace di rispondere al suo desiderio di immersione nel territorio, arrivando a godere in modo trasversale dei tematismi locali, in una
relazione più intensa, autentica e genuina con i cosiddetti “Locals”, fino a potersi percepire come cittadino temporaneo del luogo in cui sta soggiornando.
Per quanto riguarda il turismo post-Covid del 2021, dobbiamo tenere conto che, dopo più di un anno di barricamento in casa,
i viaggiatori saranno costretti a limitare i propri spostamenti nelle prossimità del territorio domestico, i più avveduti alla ricerca di percorsi fuori traccia, in piccoli gruppi, per evitare ogni rischio di assembramento tipico del turismo
overcrowded.
Gli esperti ci dicono che il rischio Covid sarà sensibilmente ridotto solo a fine anno per cui, se l’offerta saprà essere pronta, prevediamo tanti week end di prossimità in luoghi meno conosciuti e meno affollati, quali borghi, agriturismi, città minori o ancora immersi nella natura a caccia di tradizioni, cultura o enogastronomia per andare incontro a persone vere con cui ritrovare dopo tanta sofferenza o disagio
il gusto della relazione e della empatia italiana.
A conti fatti,
il 2021 potrebbe essere l’anno del turismo esperienziale in cui gli italiani e qualche europeo riscopriranno un’Italia meno conosciuta ma più intima e più vera, rimandando al 2022 la ripresa della maggior parte dei viaggi internazionali. In questo periodo di transizione, noi operatori dobbiamo quindi prepararci, acquisire
nuove competenze e professionalità con formazione mirata e intraprendere progetti coraggiosi per ripensare l’offerta turistica su nuove basi, più incentrate sul viaggiatore e sui suoi bisogni meno superficiali.
Che rapporto c’è fra turismo esperienziale e marketing territoriale?
Il turista moderno, quello di più alto livello di disponibilità economica ma anche culturale, ovvero il cosiddetto “ConsumAttore”, si aspetta di poter fruire dell’
esperienza turistica in modo olistico e integrato rispetto all’offerta del territorio. È questo il turista che dobbiamo attirare in Italia.
La competizione ora si svolge tra nazioni, sia continentali che intercontinentali; tutti coloro che si occupano di
marketing di territorio si sono dati un gran da fare per rendere “eccezionale” l’esperienza nella propria terra. La Nuova Zelanda, ad esempio, si è guadagnata così il suo spazio di mercato, tanto che le formule di turismo più avanzato oggi si trovano lì. Le statistiche ci dicono che
l’Italia è la meta più desiderata al mondo, tuttavia è al quinto posto nella classifica degli arrivi e delle presenze e nel 2019 retrocede al sesto per lo
spending, superata in corsa dal Regno Unito. La Spagna fattura quasi una volta e mezza l’
incoming dell’Italia pur avendo un PIL di quasi la metà. Se l’Italia raggiungesse i livelli iberici, potrebbe vantare circa 3 milioni di posti di lavoro in più.
Se ne deduce che il posizionamento sognato dai turisti per l’Italia non corrisponde all’acquisto; eppure quante volte abbiamo sentito dire che “l’Italia è talmente bella che si vende da sola”… Nel frattempo il mondo si dà da fare ed erode le nostre quote. Parafrasando il petrolio, sappiamo che l’Italia ha il più grande giacimento di “oro nero turistico” mondiale. Uno dei punti deboli del nostro sistema-Paese è
l’infinita frammentazione, che paradossalmente dal punto di vista turistico diventa il nostro asset più importante: ogni pochi chilometri cambiano i cibi, le tradizioni e i paesaggi, la materia prima di cui si nutre il sistema dell’offerta turistica.
Il Progetto Artès nasce quindi per portare uno stimolo di innovazione nelle pratiche di marketing di territorio e supportare un cambiamento paradigmatico dell’offerta.
Quali sono le tendenze più interessanti nell’ambito del turismo esperienziale, in questo momento?
Il mercato di valore richiede che anche nel turismo esperienziale si operi con la necessaria professionalità per offrire prodotti la cui qualità sia certificata nei contenuti, nella sicurezza delle persone e nelle normative di legge.
Il turismo esperienziale è per sua natura più audace del turismo tradizionale, perché il ConsumAttore mette le mani in pasta andando incontro a una serie di rischi inediti che vanno governati da persone che agiscono in modo consapevole e professionale, mentre la filiera straniera si lamenta che il nostro turismo esperienziale è basato troppo spesso su improvvisazione e abusivismo. Inoltre si tratta di un segmento di mercato, seppur crescente, in cui l’Italia arriva per ultima rispetto ad altre nazioni: se vogliamo riportare nel nostro Paese il valore senza deprezzarci,
dobbiamo puntare su innovazione e nuovi format grazie ai quali dirottare i flussi turistici di qualità dalle altre nazioni verso la nostra Penisola.
Tuttavia ci vuole pazienza e molta resilienza, perché l’innovazione di sistema è lenta; inoltre, noi del Progetto Artès
pensiamo che il processo debba partire dal basso e, se c’è aggregazione, la politica seguirà le buone idee.
Partecipa a GECO Expo
Come dovrebbero essere promossi i prodotti di turismo esperienziale? Qual è la chiave per coinvolgere il pubblico e interessarlo a questo tipo di turismo?
Airbnb ha capitalizzato 100 miliardi di Euro; Booking, Expedia, Get Your Guide dominano: impossibile batterli sul loro campo di azione. Tuttavia, queste
piattaforme online volano basso e finiscono per appiattire i valori del territorio, offrendo un bazar di esperienze
“commodity” dove spesso si resta sulla superficie e ancor più spesso si va incontro agli abusivismi e relativi rischi di cui sopra.
Se non vogliamo lasciare l’Italia in mano alla filiera straniera, dobbiamo
trovare spazi alternativi, imparare a
comunicare contenuti straordinari e originali e al contempo fare leva su
personalizzazione e flessibilità dell’offerta,
costruire club di prodotto per aggregare il territorio su leve di professionalità, trovare economie di scala sulle attività di
sales and marketing - anche grazie a social media e influencer -
aggregando le forze sotto marchi collettivi che condividono una filosofia comune affinché gli aderenti trovino forza di insieme in un ambiente di valori e regole comuni, liberi di promuovere se stessi ma all’interno di piattaforme di sistema e quindi in modo coerente e omogeno. Anche noi del Progetto Artès ci siamo mossi in questa direzione, dando vita al club di prodotto
JoynPlayce nato per aggregare tutti i titolari di un prodotto certificato secondo il disciplinare
Storyliving Experience™.
È indubbio che
nel turismo servano investimenti elevati e un coordinamento centrale, al fine di evitare quella frammentazione regionale che in Italia la fa da padrone e avvantaggia gli operatori stranieri, i quali sono avvezzi a lavorare da sempre in modo molto integrato e sono quindi in grado di offrire al cliente portali di grande appeal.
Perché hai scelto di supportare GECO?
GECO parla di sostenibilità così come il turismo esperienziale professionale di cui si occupa il Progetto Artès. Nel turismo esperienziale gran parte della spesa riguarda beni intangibili, come per esempio
i beni relazionali: cosa c’è di più sostenibile di essi? Non consumano, non inquinano e fanno stare bene grazie al loro grande valore percepito, dal momento che restano nel nostro cuore e nella nostra memoria per tutta la vita.
GECO è innovazione e quindi noi del Progetto Artès ci sentiamo a casa.
GECO è collaborazione e abbiamo risposto subito positivamente all’invito di Smart Eventi a partecipare come partner: crediamo fortemente che, per andare lontano, dobbiamo avere una
visione condivisa e - soprattutto - dobbiamo muoverci insieme in sinergia.