Mente creativa e capace di innovazione, coach e consulente aziendale, Olimpia Ponno CEO di Olimpia Ponno Consultancy aderisce a GECO apprezzandone la voglia di trattare temi in questo periodo particolarmente caldi, ma che richiedono sempre di più un approccio consapevole che tuteli la biodiversità. Come possono singoli, aziende e industrie, quella del turismo su tutte, conciliare l’aspetto green con il business e gli obiettivi strategici? Quali sfide vanno affrontate, ora e nel futuro, e come poterlo fare con successo? Ce lo rivela in questa intervista.
Nel tuo lavoro di coaching, formazione e consulenza ti occupi di aiutare manager, imprenditori e professionisti a indirizzare i propri sforzi in modo efficace verso determinati obiettivi. Trovi che quest’ultimo anno così difficile abbia modificato gli obiettivi professionali che tutti noi ci poniamo? E se sì, in che modo?
Gli obiettivi professionali, manageriali e imprenditoriali hanno e stanno certamente risentendo di alcune sfide importanti da affrontare per le quali mi chiedono supporto:
paura del cambiamento, dell’incertezza, dell’incognita, perdita di motivazione e creatività nell’affrontare il lavoro quotidiano soprattutto in smartworking, depressione delle persone anche per motivi personali, senso di sfiducia e di impotenza, mancanza di una visione futura, timore di osare e/o prendere decisioni, procrastinazione… Tra gli obiettivi, oltre a modificare il mindset, è stato ed è necessario
rivedere le strategie, puntare sulla diversificazione dei servizi, dei target di clientela, dei mercati, delle attività,
mantenendo comunque un’alta specializzazione nella multidisciplinarietà, cosa che personalmente ho sempre fatto sia da dipendente che da libera professionista. Il Covid19, entrato a gamba tesa, insegna molte cose: che è fondamentale non sottovalutare il risk-health-safety management; che non dobbiamo contare solo sul piano A, ma prevedere il B, C, D, E; che le persone non vanno più messe al centro ma a monte del processo lavorativo, coinvolgendole già nella strategia e pianificazione, non dopo che le decisioni sono state prese; che un atteggiamento conservatore, di immobilismo e lamentela, in attesa del “come eravamo”, comporta uno svantaggio competitivo, e infine che l’approccio e il modo di vivere e di lavorare di ciascuno impattano necessariamente sul benessere o malessere degli altri.
Ti sei sempre occupata, a diversi livelli, di sostenibilità e biodiversità: come si integrano questi valori nella tua esperienza professionale e personale?
È corretto sottolineare che sostenibilità e biodiversità sono prima di tutto valori; aggiungo che sono un modo di essere, di agire e di pensare nei confronti di se stessi e degli altri: rappresentano uno stile di vita e non una moda. Fanno parte della mia vita professionale e personale da anni, non solo in veste di consulente e formatrice, ma di attiva sostenitrice. Faccio alcuni esempi.
Dal 2018 organizzo annualmente il workshop nazionale dedicato alle giornate mondiali della Diversità Culturale e della Biodiversità, in cui presentiamo best practice applicate alla realtà quotidiana. L’ultima edizione ha visto confrontarsi ben 30 speaker. Dal 2016 aderisco al Positive Impact Event Ambassador Program. Nel 2016 alla EMEC di Copenhagen ho presentato in anteprima mondiale
“The role and impact of a biodiversity management approach to ensure sustainable, healthy meetings & events“. Tra il 2013 e il 2015, quando ero Presidente MPI Italia, abbiamo organizzato diverse iniziative sostenibili, tra cui la Convention all’interno del Giardino della Biodiversità di Padova, progetto espositivo tra i più innovativi d’Europa, un’esperienza che tutti, bambini e adulti, dovrebbero fare. Nel 2012 ho lanciato con una collega il progetto "
Olirose: l’arte del riuso per persone ecosmart", percorso mirato ad abbattere lo spreco e ad avvicinare le persone all'arte del recupero di oggetti, cose e risorse per dare loro una seconda vita. Dal 2011 realizzo come volontaria progetti che coinvolgono le categorie svantaggiate o in difficoltà, sia in Italia sia all’estero.
Quali sono, secondo te, le grandi sfide del prossimo decennio in materia di biodiversità?
Intanto
la sfida più grande è mentale e culturale, che coinvolge istituzioni, imprese e singole persone. Si parla di biodiversità trattando principalmente flora e fauna, ma la biodiversità è quel processo di consapevolezza e attenzione che coinvolge tutte le generazioni presenti e che serve a tutelare le specie umane e non del pianeta, accompagnandole ad adattarsi all’evoluzione e ai cambiamenti.
Bisogna prima di tutto parlare di biodiversità e insegnarla come tutela, valorizzazione, integrazione e benessere delle persone di tutte le età, sia nel pubblico che nel privato, senza le quali non possono esserci
evoluzione, innovazione, economia circolare, tutela, equilibrio o rispetto della natura e del pianeta! Non bastano stanziamenti economici, infrastrutture, norme giuridiche, se non si parte dalle competenze, da formazione e responsabilizzazione delle persone nelle aziende, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università, nei luoghi di assistenza e rieducazione, nei municipi.
Quali concetti legati alla biodiversità, secondo la tua esperienza, sono più difficili da assimilare per le aziende e i professionisti? E quali sono i più urgenti sui quali fare informazione?
La
biodiversità applicata al lavoro si traduce con “equilibrio dell’ecosistema”: le aziende e i luoghi di lavoro sono ecosistemi in cui tutti gli elementi sono collegati tra loro, per cui basta che anche un solo elemento (persona, decisione, idea, spirito di squadra ecc.) venga meno, per far sì che questa mancanza incida su tutto e tutti, comportando uno squilibrio a breve-medio-lungo termine. Ancora troppo spesso vedo fare scelte autoreferenziali nei luoghi di lavoro da parte di chi ne è a capo, scelte dettate soprattutto dal risultato a breve termine, con impatto negativo sulla produttività, sulla salute "psico-fisica" e "socio-relazionale" delle persone o sul benessere del territorio di appartenenza. In tutti i luoghi di lavoro, pubblici e privati, in tutte le Regioni urge un programma di informazione mirata, chiara, accessibile e comprensibile a tutti sul valore della conservazione della biodiversità.
Modererai due tavole rotonde alla fiera GECO: quali temi ti stanno più a cuore e cosa speri che emerga da questi incontri?
Faremo chiarezza sul vero significato di “turismo esperienziale”, che tanti operatori e destinazioni dicono e credono di offrire, ma che nella realtà pochi sono preparati a gestire trattando il turista come protagonista “ConsumAttore” dell’esperienza. Affronteremo il
tema della formazione degli operatori turistici, che spesso faticano a uscire dalla comfort zone e a rinnovarsi. Stabiliremo dieci azioni da trasformare in regole d’ingaggio affinché le destinazioni adottino come “must”
programmi di sostenibilità e biodiversità per coinvolgere abitanti, cittadini, operatori, turisti e viaggiatori. Da questi due incontri mi aspetto poche chiacchiere e niente politica, con apporto di soluzioni pratiche e modelli positivi, replicabili e da condividere.
Perché hai scelto di supportare GECO?
Credo e investo nelle novità, mi piace lavorare con i giovani. Soprattutto mi piacciono sia l’approccio sostenibile e biodiverso, con il taglio specifico che GECOEXPO ha nel trattare il turismo e i settori a esso connessi, sia il coraggio che dimostra nel lanciare qualcosa di nuovo in un momento storico complesso come questo. Con un pizzico di leggerezza e ironia, auspico che “GECO”, se crediamo a un destino nel nome, porti più fortuna e ottimismo all’anno che verrà!
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